9 febbraio 2006 - Gallerie Costiere Pirano

18 maggio 2006 - Kosovelov dom Sezana

 

Vojc Sodnikar-Svojc è uno scultore mosso dal desiderio di dialogare con la pietra. A lui piace ascoltare il suono prodotto dai suoi attrezzi che la plasmano, e la forma estrapolata da quest’incontro reca la vibrazione dell’antica meditazione, che lo scultore porta in sé. Si tratta degli echi del motivo elementare dell’ Istria, mondo nel quale egli vive. Il cono ricurvo è il ricordo vivo della protuberanza sul capo del Boscarin, pio bove istriano, ed indica soprattutto la forza immane, singolare, addirittura sovrannaturale. La forma ricorda inoltre i cipressi, che come lingue di fiamma scaturiscono dalla terra istriana, citati in questo contesto solamente come effigi simboliche dell’ elemento fuoco, che come la terra è direttamente collegato al simbolismo dei corni. Ricordiamoci la raffigurazione michelangiolesca del Mosè sul cippo di papa Giulio II, che ritrae l’ immagine dell’individuo che ha incontrato l’icona divina, ed ora il suo volto risplende di questa prossimità. Dubito che la raffigurazione di Svojc abbia un nesso diretto colla tradizione cristiana, ma è indubbio che nel suo operato affiora l’ archetipo di questo simbolismo. Questi corni non sono corna vere, che sulle teste s’ergono in coppia. Talvolta l’ artista li colloca in paio, ma sovente in gruppi di tre, o che si levano solitari al cielo, come monoliti fallici dalla potenza degli antichi menhir, come  antenne, che mediano tra le vibrazioni cosmiche e la materia terrena.

Il secondo motivo presente nell’ambito di questa mostra appare a prima vista banale, legato al mare ed all’ umano errare su codesta distesa. L’autore ha sviluppato la forma dal corno, che ha livellato sino al piano, creando la vela, tesa dal vento, che conduce l’imbarcazione sino all’orizzonte ed oltre. Il fulcro espressivo di questo motivo si mantiene nel significato dell’elemento ricorrente del corno. L’imbarcazione a vela abbandona la riva e s’avvia verso l’aldilà, come gli angeli colle ali s’ involano verso la stessa meta. Si tratta di rapporti diversi, in combinazione con gli elementi primordiali. Qui in primo piano si trova l’acqua, mentre il fuoco è alquanto discosto dagli occhi del Boscarin.

Svojc lavora la pietra istriana e quella del Carso. In Istria quella bianca, sul Carso quella grigia e nera. La pietra, che raccoglie in quanto tale, rimane per l’artista, quando firmandosi pone fine al dialogo, pietra,mai distinta dalla materia originale, quantunque trasformata in scultura. Egli la recepisce nell’identità che aveva quando l’incontrò per la prima volta, ed il dialogo ha lasciato su di essa solamente le tracce dell’artista, colle quali si evincono forme nuove, sovente ruvide e grossolane,ma in certe parti lisce e polite. Sovente il gesto dello scultore conduce all’estremo, quando chiazze di superficie rimangono grezze, crude, naturali, rinsaldando il legame tra l’identità della pietra e quella del gesto, al quale si aggiungono nuovi significati, che nelle sembianze di oggetti si collocano in un contesto inedito. Ma la pietra rimane pietra.

Vasja Nagy
critico d'arte

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